Bruno Sebastiani

Bruno Sebastiani nasce ad Albano Laziale, a sud di Roma, il 30 aprile 1947. Nasce in un paese e in un periodo storico in cui è palpabile la frenesia di liberarsi quanto prima delle scorie lasciate dal tremendo conflitto da poco concluso (la seconda guerra mondiale). Per la gran quantità di risorse destinate al nostro Paese per avviare la fase di risanamento, si delinea un periodo in cui tutto sembra possibile, specie in relazione alla scarsità di prospettive della generazione precedente. È questo il periodo in cui, per la necessità della ricostruzione, purché si abbia l’età adatta, è facilissimo trovare lavoro. Così, come moltissimi suoi coetanei vogliosi ma non in grado di puntare al bersaglio grosso frequentando l’università, Bruno Sebastiani frequenta un istituto tecnico e consegue il diploma di Perito Elettronico per inserirsi quanto prima e con le giuste credenziali nel mondo del lavoro. Difatti lavora, vince un concorso nelle Ferrovie dello Stato come macchinista e prende a guidare i treni, treni che col passare degli anni si fanno sempre più moderni, confortevoli, veloci, treni che lo portano in ogni dove entro i confini del Paese. Ma tutto questo correre lascia affiorare la necessità di trovare dei punti fermi, qualcosa in cui riconoscersi una volta sceso dal treno. Da qui prende origine la singolare abitudine di fissare sulla carta pensieri, riflessioni, intuizioni che più tardi inizia a elaborare in forma di libri. Bruno Sebastiani scrive libri per il piacere di scrivere e per il desiderio di scoprire, o meglio di imparare, in quanto ogni storia lo costringe ad affrontare numerose ricerche, specie in relazione alla sua preferenza per il romanzo storico, un genere che gli consente autentici tuffi nel passato. Attualmente vive nel comune di Velletri, più lontano dalla capitale dunque e più vicino alla campagna, più lontano anche dai compagni di lavoro di un tempo che incontrava nello scalo ferroviario di San Lorenzo, più lontano da quella sensazione paralizzante che sembra competere ad ogni individuo quando, per raggiunti limiti di età, viene messo a riposo. Difatti, sebbene senza l’assillo degli orari come accadeva prima, Bruno Sebastiani ancora adesso lavora alacremente alla stesura dei suoi romanzi che abbisognano in primo luogo di un numero incalcolabile di letture, letture che sottraggono tempo prezioso al suo hobby più significativo, il pianoforte. Negli anni ha scritto numerosi libri in cui i romanzi storici sono prevalenti ai romanzi di pura invenzione, come, tanto per citarne alcuni: Fiore di Maggio (Mayflower) che ripercorre le tappe che permisero la fondazione della prima colonia inglese nel NordAmerica. Le gelide acque della Sprea, ove si seguono le tracce della principessa Anastasia Romanova da Ekaterinburg a Berlino. L’assedio di Costantinopoli, terribile atto che nel 1453 mise fine all’Impero Romano d’Oriente. Boudicca, ove si parla della famosa regina degli Iceni la quale, nel 61 d. C., osò capitanare una poderosa rivolta nel tentativo di ricacciare i Romani dalla Britannia. Tra i romanzi di fantasia si possono citare: La maledizione della Traviata Nevja L’isola La spirale del tempo Passaggio in Irlanda.

Mai e sempre

Mai e sempre ripropone un’esigenza antica quanto il genere umano, quella di capire il padre, di trovarlo qualora si sia perso, di liberarlo qualora venga rapito, di scoprire la vera ragione per la quale resta ucciso qualora venga assassinato. Già Omero ci parla di Telemaco il quale, una volta adulto, si mette in viaggio alla ricerca di Ulisse, un padre che ricorda appena, un padre di cui sente la mancanza per come era capace di farlo sentire re del mondo. Lo stesso accade ad Emil Koldau, un giovane nato nel 1980 a Moritzburg, un paese non lontano da Dresda. È il tempo in cui la Germania è ancora divisa in due blocchi contrapposti. È il tempo in cui la parte orientale si chiama ancora DDR e Dresda, capitale della Sassonia, ne fa parte. Per i primi tre anni Emil Koldau cresce con la sensazione di vivere in un regno di cui lui n’è il principe e suo padre n’è il re. Tre anni, neanche il tempo di crescere abbastanza, e suo padre muore e il suo cadavere viene ritrovato con quattro proiettili di  Kalashnikov AK-47 in pieno petto. Il fatto che suo padre sia una persona semplice, senza particolari ambizioni, tant’è che lavora in un allevamento di cavalli, unito al fatto che il Kalashnikov è un fucile in dotazione esclusiva delle forze armate e delle guardie di frontiera, immediatamente disarma il pur solerte commissario del piccolo paese di Moritzburg. Così il caso viene archiviato lasciando aperto un dilemma: Heinrich Koldau è rimasto ucciso nel momento di compiere un reato, oppure perché testimone di un reato commesso da altri? Il tempo passa, il piccolo Emil Koldau cresce, lascia Moritzburg e va a vivere nel settore est di Berlino, dallo zio. Emil Koldau non ha modo di capire la complessità della situazione che regna nella città, a lui preme solo seguire le orme dello zio, e fin da subito decide che da grande farà il restauratore oppure il corniciaio. Nel 1989, cade il muro, la città di Berlino si riunifica e la Germania azzera i decenni più disastrosi della sua storia per ricominciare daccapo. Nel fervore della riunificazione tutto sembra possibile, così Emil Koldau trasforma il laboratorio di restauro dello zio in una galleria espositiva. Ma la morte misteriosa di suo padre è come un angolo buio nella sua mente, lui non ci pensa, ma a volte accade qualcosa che lo costringe a pensarci. Difatti una sera, per la suggestione ricavata dalla visione di un film, decide che è venuto il tempo di far luce sulla morte di suo padre. Torna a Moritzburg e prova a rintracciare gli amici di suo padre e ritrova il commissario che svolse le prime indagini prima. E nel cercare scopre cose di suo padre che gli parlano di una persona diversa, mediocre, non un padre di cui menare vanto. E infine… mai si vorrebbe svelare un mistero che bene si sarebbe fatto a lasciare misterioso…Text