Oggi tocca a me – Antonio Lucarini

Mi chiamo Antonio Lucarini, l‘autore di “Strana Rana” uscito in cartaceo il 10 luglio per “Le Mezzelane“ editore.

Faccio teatro e cabaret. Deliro, più che altro. Così facendo, fuggo dalla realtà quotidiana che mi opprime, che detesto. Scrivo dall’età di 19 anni (ho iniziato con dei trattamenti cinematografici, delle  sceneggiature e dei testi teatrali) per rabbia, per gridare al cielo che il mondo non mi piace, che non credo alla felicità.

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Voglio rappresentare la vita quotidiana in modo talmente reale che poi diventa surreale, per cercare di capirci qualcosa. Ormai mentiamo tutti. Di giorno, diciamo (anche a noi stessi) un sacco di bugie. Scrivendo chi ha talento, a mio parere, screma la verità come il cercatore d‘oro fa col prezioso minerale, filtrandolo dall‘acqua del fiume.

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Con “Strana Rana”  volevo raccontare una storia di decadenza e morte, perchè da quando una persona a me cara, l‘ultima che mi resta della mia famiglia, s’è ammalata, vedo attorno me solo spettri, rapporti strumentali fra le persone e decadenza. Quando due anni fa, la medesima persona a me cara fu ricoverata nell’ ospedale di Pavia, andai con lei e mi trovai di fronte ad un girone di dannati e disperati: tutti aspettavano solo la fine. La clinica era circondata da un lussureggiante giardino. Spesso tutti noi ci nascondiamo sotto una campana di vetro. Speriamo che col lusso e con il benessere – e credendo in valori illusori (l‘amicizia, l‘amore) – di nascondere a noi stessi, cosa ci aspetta. Da questo mondo consumista e anaffettivo, possiamo solo attenderci  il disinteresse dei nostri amici e parenti e la solitudine piu‘ nera. Ci nascondiamo sotto i falsi valori del successo e della vittoria. Sono miti effimeri e mendaci. Ce li hanno iniettati come virus perniciosi e letali, con l‘educazione borghese, con la cultura di massa. “Strana Rana“ parla di questo, di una bizzarra amicizia tradita, di mancanza di amore e di molto altro. Si compra, si vende e ci si avvia alla catastrofe. Questa e‘ la logica sottesa alla società dei consumi. Consumando si consuma in noi ogni briciola d‘umanià‘, ogni barlume di spiritualità.

In “Strana Rana“ c’è la mia infanzia disgraziata. Credetemi, non c’è niente di più triste di un bambino che non ha avuto amore. Malgrado la mia eta‘, io sono rimasto quel bambino. Con le mie provocazioni e il mio umorismo nero cerco solo di depistare. “Le Mezzelane“ mi hanno dato attenzione e hanno creduto in “Strana Rana”. Sono competenti e appassionati e hanno fiducia come me, nella potenza evocativa delle parole, nell‘originalità delle storie, al di là dei grossi nom i(spesso solo gonfiati dai media). Ho cercato di disturbarli il meno possibile. Ho seguito i loro consigli e ho fatto bene. Una delle parti del libro che intendo citare è quella relativa ad una delle descrizioni dei genitori di Lara Santini, una delle due protagoniste. I suoi sono la causa di molti suoi disturbi della personalità, nel bene e nel male.

Un breve estratto:

“La piccola nuotatrice era spettatrice, giorno dopo giorno, di una finzione assurda. Attorno all‘adolescente roteavano i cucchiai e le forchette, passavano contenitori pieni di verdura, in silenzio. Un velo di gelo ricopriva tutto. Lara vegetava in mezzo a oscuri spettri. La madre e il padre erano dei cadaveri in vita, le sembrava di assistere a uno spettacolo di teatro Kabuki. Il dolore di quei due individui senza cuore si trasformava in movimenti che attiravano l‘attenzione sulla fatica di compiere dei banali gesti con una forza piu‘ grande, di tre o quattro volte, rispetto a quella necessaria. I coniugi Santini erano una coppia kabuki “.

Mi piace racchiudere l’intero romanzo con questa frase:

“ Quando vivere e‘ una crudele ossessione! “

Le due protagoniste sono nate spontaneamente mentre un giorno passavo con la mia auto di fronte a un parco pubblico. Era simile a quello che c‘era davanti all‘Ospedale di Pavia. C‘era un palazzo giallo che aveva diversi balconi. Su uno di questi mi e‘ parso di vedere due ragazze di 13 anni, prendere il te‘ delle cinque. Avevano in testa due baschi rossi. Sembrava che uscissero da una favola cattiva. Glielo versavano quelle iene crudeli delle loro madri, il te‘…Ne ho viste tante di genitrici di provincia che spingevano le loro figlie verso un avvenire di successo e benessere economico. Le ho intraviste su uno di quei terrazzi, Claudia e Lara. Bevevano quel te‘ al bergamotto avidamente ma avevano il volto triste.

Sono un vero appassionato (direi malato) di arte, antica, moderna e contemporanea. Deliro per il cinema e la musica e mi piace la montagna, quella selvaggia e non turistica. Amo le Dolomiti di Oltrepiave e il Gran Sasso. Amo perdermi nei boschi e nei ghiaioni(ma purtroppo mi ritrovano…).

Il mio motto e‘ quello di una geniale canzone di Gaber:

“ I borghesi son tutti dei porci, piu‘ sono grassi e piu‘ sono lerci. Piu‘ son lerci e piu‘  ci hanno i milioni… I borghesi son tutti…”

Purtroppo sono un borghese marcio anch‘io! Non c‘e‘ scampo ne‘ salvezza nel mondo occidentale.

(Antonio Lucarini)