Il mondo è scemo di Moni Ovadia, a cura di Mario Grasso

Il siriano Bashar al-Assad bombarda con armi chimiche (bomba al cloro) la propria gente, l’inerme popolazione di Duma. Per punire il ricorso a una così micidiale e vile arma, Donald Trump si dichiara pronto a sganciare sulla Siria la Moab, Massive ordnance air blast bomb, la più potente bomba non nucleare mai prodotta dall’idiozia umana, undici tonnellate di esplosivo, ribattezzata con un’avvilente americanata Mother of all bombs, la madre di tutte le bombe. Scosso dalla notizia che in Finlandia, unico paese ad averne sperimentato l’applicazione, è stato abolito il reddito di cittadinanza, Gigio Di Maio, ispiratore di un nuovo orientamento linguistico sui congiuntivi, non si scoraggia e affida al pensatoio strategico pentastellato la messa a punto del nuovo ghiribizzo populista da proporre alle prossime elezioni. Che sta succedendo? Dove va il mondo?

La risposta è forse nell’espressione “Oylem Goylem” che, nella lingua yiddish, vuol dire “Il mondo è scemo”. Oylem Golem è anche il titolo di un capolavoro teatrale di Moni Ovadia, un’opera fatta di comicità dolorosa sul popolo ebraico, dalla quale è stato tratto anche un libro. L’umorismo ebraico è pungente e autoironico, ricco di aforismi e di battute che non ammettono repliche, rivolto verso se stessi e contro se stessi, uno scrigno senza fondo da cui escono perle di intelligenza.

Oylem Goylem è un’opera che rappresenta un modo d’essere, una visione dell’esistenza, una risposta  umoristica e ironica alle difficoltà e alle tragedie della vita. Un pittoresco affresco del mondo ebraico, cultura e brani liturgici, storie e storielle, motti malandrini e canti, ritratti di imbroglioni e vittime, aforismi e lazzi da bettola: una gradevole costruzione di pongo nata dalla fertile mente di un versatile artista.

Salomone Ovadia, detto Moni, nasce il 16 aprile 1946 a Plovdiv, in Bulgaria, da una famiglia di ascendenza ebraica sefardita. Trasferitosi a Milano, si laurea in Scienze Politiche all’Università Statale, e nel frattempo intraprende la carriera di musicista e cantante. All’inizio degli anni ’70 fonda il Gruppo Folk Internazionale, che successivamente prenderà il nome di Ensemble Havadià. Ha partecipato a diversi film, fra cui Caro Diario di Nanni Moretti. Il suo esordio da scrittore avviene nel 1996 col romanzo “Perché no? L’ebreo corrosivo”, pubblicato da Bompiani, cui seguono “L’ebreo che ride” (Einaudi) sul finire degli anni Novanta, “Oylem Goylem” e “Speriamo che tenga” (Mondadori), “Ballata di fine millennio” (Einaudi). Ha inoltre scritto diversi soggetti teatrali, fra cui “Trieste… ebrei e dintorni”, “Mame, mamele, mamma, mamà”, “La porta di Sion”. Dal 2003 al 2008 è stato direttore artistico del Mittelfest di Cividale di Friuli. Nel 2013 ha pubblicato per Feltrinelli “La meravigliosa vita di Jovica Jovic”.

Al centro di Oylem Goylem  vi sono la lingua, la musica e la cultura Yiddish – inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno – e la condizione universale dell’Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque.

Introiettando la diaspora ebraica, l’opera è un elogio dell’esilio, anzi la sua glorificazione. Ma a questo modo, appare anche come uno specchio della nostra condizione esistenziale di uomini in crisi, come ce l’hanno mostrata i maggiori artisti del XX secolo, e di abitanti di un mondo globalizzato e soggetto a grandi ondate migratorie. Uno specchio tragico, malinconico ed esilarante per la sua assurdità, per la sua capacità di spiazzarci rispetto a certezze e pregiudizi, aprendoci all’inatteso, ad accogliere la diversità, cosa di cui abbiamo tanto bisogno.